venerdì 14 ottobre 2016

Step 04: Il Tenné e il Mito

Indipendentemente dalla cultura a cui si guarda, l'universo dei colori e quello mitologico risultano avere strettissime relazioni: la loro presenza all'interno del mito assume significati talvolta non così immediati da comprendere e differenti a seconda del mondo mitico a cui si vuol far riferimento.
Per Carl Gustav Jung, antropologo della prima metà del '900, l’importanza dei miti, come per lo stesso Freud, consisteva nella loro somiglianza con i sogni, con cui condividono il linguaggio simbolico. E, come scopriremo, anche i colori hanno valenze simboliche; essi non sono infatti puri fenomeni fisici o semplici caratteristiche delle cose, ma hanno un ruolo rilevante a livello emozionale, mentale e spirituale.

Risulta piuttosto complicato trovare un preciso riferimento al nostro tenné nella mitologia dei popoli antichi; è tuttavia possibile espandere il campo a tonalità prossime.

Per prima, dato che il nome Tenné deriva da tanno, ovvero la corteccia di quercia, impiegata nella concia del cuoio, ci è di dovere curiosare su questo mitico albero.
La quercia è un albero di lunga vita e appartiene alla specie di piante più forti. Da molti popoli era considerato l'albero sacro, tra cui i Celti, gli antichi Ebrei, i Greci e i Romani.
Al tempo di Abramo, all’ombra della quercia di Sichem crebbero i maghi, che interpretavano i segni dal fruscio delle foglie e dal tubare delle colombe, poiché tra gli alberi era instillato lo spirito, mentre i Druidi, sacerdoti celtici, praticavano il loro culto in mezzo ai querceti.
Gli antichi greci possedevano un albero sacro di quercia di Zeus, sotto il quale Sibilla, la
vergine indovina, annunciava le sue profezie. Anche la famosa mazza di Ercole era realizzata in legno di quercia.
I Romani reputavano l'albero della quercia come appartenente a Giove.
Il tempio di Baal, divinità mesopotamica, conservato a Damasco, è stato costruito in un boschetto di querce.


Grazie alle sue enormi dimensioni e la grande longevità, la quercia nella mitologia di molti popoli 
era mitizzata come il re della foresta
Albero di quercia
 e quindi, spesso dedicata alle supreme divinità (si veda Zeus, Giove, Perun, gli dei del tuono; c'era la convinzione che il fulmine colpisce più spesso la quercia). Inoltre, la quercia s’identifica con la mascolinità: per esempio, un tronco di quercia bruciato in piena estate, sconfessa la divinità della fertilità del potere maschile, mentre la corona di foglie di quercia simboleggia la forza e la grandezza. E talvolta una quercia può rappresentare il mondo


Ad esempio, nell'antico mito greco degli Argonauti, il vello d'Oro (simbolo di fertilità e prosperità) era descritto appeso a una quercia e con il serpente che lo proteggeva (creatura ctonia), in cui il motivo principale della leggenda ricordava echi di tradizione indoeuropea. 
Il vello, appeso alla quercia, si ritiene utile perché lo accresce.
Il vello d'Oro appeso ad una quercia

Passiamo ora a qualcosa che ci ricorda il tenné per la sua tinta.
La corniola, ad esempio, è una pietra facente parte della famiglia dei quarzi che assume sfumature che vanno dal rosso-arancio al giallo brunato. Se gli antichi Greci consideravano la gemma un talismano contro i reumatismi e le nevralgie, gli Egiziani la utilizzavano invece come talismano per accompagnare i defunti nell'aldila' e per assicurare ai vivi la comprensione del concetto di trascendenza oltre la morte. In corniola poi venivano scolpiti molti animali sacri come l'ariete di Amon ed il falco Horus (simbolo del sole).
Nella Bibbia la corniola viene menzionata come pietra decorativa sul pettorale di Aronne (Esodo 28:15-30) e come una delle dodici pietre preziose che ornano le fondamenta della città di Gerusalemme (Apocalisse 21:19) mentre nella tradizione ebraica è la gemma della Tribù di Ruben.
Secondo la tradizione islamica, la pietra preserva dagli incubi notturni, rafforza il carattere e protegge dal male. In particolare, nel mondo indiano, essa simboleggia la pace ed è utile a promuovere l'allegria e allontanare i dispiaceri.  Nel Buddhismo è nota come uno dei sette tesori e simboleggia la saggezza. Infine, nella cultura tibetana, la corniola è sinonimo di conservazione della forza vitale composta dall’utilità (concretezza) e dal calore (sentimentalismo), per molti aspetti vicina al concetto di felicità occidentale: il bracciale Tamashii utilizzato dai monaci tibetani, composto da corniola, identifica proprio la vitalità e la felicità.
Gemme di corniola
Bracciale Tamashii usato da monaci tibetani
realizzato con pietre di corniola

            
                 
Se ancora col termine ocra indichiamo quel colore la cui tonalità va dal giallo chiaro al bruno-giallastro, allora è possibile allargare la nostra ricerca a quel che era il principale pigmento colorante dell'antichità.
Su Anat, divinità semitica nordoccidentale, grande Dea del pantheon del regno di Ugarit, si narra che insieme a Ba'al, dio della vegetazione e delle tempeste, vinse un combattimento e invitò gli sconfitti ad un banchetto; presentatasi coperta di ocra rossa, sbranò i superstiti dello scontro. Questa tonalità riappare nel mito di Sekhmet: la divinità dell'antico Egitto, inviata da Ra, aveva il compito di sterminare l'umanità, ma scambiando per sangue il vino tinto d'ocra rossa preparato dagli dei timorosi della catastrofe, cade in un sonno profondo fallendo il suo scopo.
Tonalità di ocra
Essendo l'ocra una terra argillosa, ecco che proprio questo materiale, l'argilla, trova riscontro nei diversi miti dei popoli, spesso collegata a miti antropo/cosmogonici, a partire dal racconto biblico della creazione in cui Dio plasma l'uomo con l'argilla a sua immagine e somiglianza: "... Signore, tu sei nostro padre; noi siamo l'argilla e Tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle Tue mani"Isaia 64:8.
Secondo il mito sumero l'Uomo venne creato da Enki ("signore della Terra") e Ninti, dea della vita, per mezzo di un supporto iargilla: Ninti impastò la materia per plasmare sette copie di se stessa da porre alla sua sinistra (donne) e sette, invece, alla sua destra (uomini).
Per la religione Inca, fu il dio del fuoco, Pachacámac, figlio del Sole, a donare forma con l’argilla ad una persona per ogni nazione; diede poi vita e anima a ognuno, uomo o donna che fosse, e li mandò nei luoghi che per ciascuno erano stati stabiliti sulla Terra.
Nel mito egizio il dio Khnum è spesso descritto come il creatore della vita. Egli è un dio ariete che plasma gli dei, gli uomini, gli uccelli, i pesci e il bestiame con l'argilla prima di infondere alle sue creature il soffio vitale.
E anche nel mondo greco non manca un riferimento: dato che non esisteva ancora la donna, Zeus diede incarico a Efesto, dio del fuoco, di modellare un’immagine umana servendosi di acqua e di argilla che non avesse nulla da invidiare alla bellezze delle dee. Efesto fu tanto bravo nel realizzarla che la donna che ne ebbe origine era superiore a ogni elogio e a ogni possibile immaginazione: si trattava di Pandora!
La nascita di Pandora

Secondo la mitologia cinese è Nuwa, prima divinità femminile, a creare gli uomini, plasmandoli dall'argilla, prendendo il fango sulle sponde del Fiume Giallo. Per accellerare il processo, prese un bastone sporco di fango e gettò le gocce su tutta la terra; non appena il Sole le ebbe asciugate, queste divennero nuovi uomini e nuove donne. Ancora oggi il Cina si festeggia i "Giorno dell'Uomo" il 7 gennaio, data in cui la dea compì l'opera.
La divinità cinese Nuwa crea gli uomini con l'argilla

E nella cultura africana? Secondo il mito della religione dei Dogon, antica popolazione del Mali, esisteva un unico Dio creatore, Amma, che generò la prima coppia umana plasmata nell'argillaI loro figli genereranno ciascuno una famiglia di antenati Dogon prima di diventare Nommo, ovvero spiriti antropomorfi. "Il Dio Amma prese un grumo di argilla, lo strinse nella mano e lo lanciò, così come aveva fatto per gli astri. L'argilla si distende, si dilata a nord che è l'alto, si allunga a sud, che è il bassa, si stende verso oriente e verso occidente, separando le sue membra, come un feto nell'utero."
Fasi della creazione dell'uomo secondo
il mito africano della religione dei Dogon


Curiosità: l'uccello che noi conosciamo come grifone, riporta come nome scientifico gyps fulvus per i colore del suo piumaggio; è anche un animale mitologico formato dall’unione di un’aquila nella parte anteriore e da un leone nella parte posteriore, la cui prima rappresentazionie è stata trovata in Iran su un sigillo risalente al 3000 AC.


Nelle leggende e nei miti il grifone ha assunto varie funzioni, da quello di guardiano a creatura demoniaca, fino a trasformarsi da simbolo della superbia a simbolo del Cristo, Uomo e Dio insieme nel Medioevo, a causa della sua duplice natura, terrestre e celeste.
Per gli Ebrei, rappresenta l'antica Persia, probabilmente per via delle numerose raffigurazioni di Grifoni nell'arte Persiana, mentre, tra gli antichi Greci, era considerato simbolo di forza, consacrato al Dio Sole, tanto che gli antichi artisti raffiguravano il carro del Sole trainato da Grifoni e lo stesso Apollo ne cavalcava uno. 
Piatto greco: il dio Apollo cavalca un grifone

Anche il carro di Nemesi era trainato da questi fantastici animali, che tra l'altro erano considerati la personificazione della Dea della Vendetta; non mancano raffigurazione in cui è cavalcato da Dioniso o da Eros. 
A Pompei ritroviamo invece l’animale in una tomba su un medaglione a rilievo in stucco cavalcato da Eros. In queste immagini è palese il ruolo di tramite tra mondi diversi. Come tutti i simboli c’è un aspetto ‘positivo’ e uno ‘negativo’: da un lato il grifone traina il carro solare, dall’altro accompagna i defunti nel viaggio nell’oltretomba.

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