domenica 23 ottobre 2016

Step 08: Il Tenné per la Non-Scienza

"Quella superstizione religiosa che presso gli altri uomini è oggetto di biasimo, serve in Roma a mantenere unito lo Stato [...]. Ciò potrebbe suscitare la meraviglia di molti; a me sembra che i Romani abbiano istituito questi usi pensando alla natura del volgo: [...] poiché la moltitudine è per sua natura volubile e soggiace a passioni di ogni genere, a sfrenata avidità, ad ira violenta, non c'è che trattenerla con siffatti apparati e con misteriosi timori. Sono per questo del parere che gli antichi non abbiano introdotto senza ragione presso le moltitudini la fede religiosa e le superstizioni sull'Ade, ma che piuttosto siano stolti coloro che cercano di eliminarle ai nostri giorni." 
                                                               Storie, VI, 56, Polibio  

Sin dai tempi più antichi, come ci mostra questo passo dello storico greco Polibio, tantissimi modi di fare e di dire, atteggiamenti e comportamenti della gente, risultano condizionati proprio da quelle credenze popolari che si vorrebbe ignorare, ma delle quali si subisce un inevitabile influsso. Credenze che, tramandate di generazione in generazione, trovano spesso terreno fertile per gran parte delle persone. E’ difficile, se non inevitabile, per chi sia a conoscenza del loro significato, anche se ammette di non crederci, non restarne coinvolto. Per questa ragione dunque, analizzeremo in che modo il nostro colore è chiamato in causa nel mondo della superstizione, dei detti e proverbi comuni, non solo nella nostra cultura!


In un antico proverbio romano si dice:
" Equus fulvus prius enectus quam fatigatus " (Il cavallo fulvo è già spossato prima di essere domato).
Ma l'aggettivo fulvus compare anche nel nome scientifico del grifone, come avevamo già notato ne Il Tenné e il Mito.
In alcune leggende questo animale abitava i monti Rifei dove estraeva l’oro, mentre presso alcune tribù, si credeva punisse l'avidità e l'avarizia sorvegliando l'oro e le abbondanti gemme che si trovavano sui monti (di solito il Caucaso o gli Urali) facendo a brandelli chiunque cercasse di rubare queste ricchezze.
Inoltre, i grifoni rappresentavano la superbia: questa associazione è dovuta al fatto che si narra che Alessandro Magno cercò di cavalcarne uno per raggiungere la sommità del cielo.
Riguardo al suo uso regolare nell'Araldica, Boekler (1688) diede la seguente interpretazione: "I Grifoni sono ritratti con un corpo di leone, testa d'aquila, lunghe orecchie, e gli artigli dell'aquila, ad indicare l'unione tra forza ed intelligenza". Quest'interpretazione nasce dal fatto che l'aquila simboleggia l'intelligenza, mentre il leone la forza, quindi il grifone rappresenta la perfetta unione di muscoli e cervello. Ma, dopo il cambiamento di vedute seguito a Dante, in cui è ritenuto simbolo della Chiesa, divenne il nemico del Serpente e del Basilisco, entrambi considerati demoniaci.

E nel Vocabolario degli Accademici della Crusca (1705) viene riportato l'antico detto:
 " Dare un grifone a uno " : si dice del dargli un pugno nel viso


CORNIOLA
La pietra ormai a noi cara è protagonista di moltissime credenze. 
Nel Dizionario delle superstizioni (1993), pubblicato da Alfonso Burgio, si legge:
 Pietra sacra alla Vergine, essa preserva da ogni male: allontana le convulsioni, la febbre  intermittente, quella a passo ridotto e quella maltese.
 Per queste sue virtù immunizzatrici, scrive Goethe: 
" La corniola è un talismano, ti fa star felice e sano. Ti protegge dai malanni la tua casa non ha danni ".
 Nell'antica Grecia le matrone la usavano contro i reumatismi e le nevralgie, mentre in  Spagna, al tempo del re Alfonso X, era consigliata per dare un timbro più virile alle voci  bianche e a quelle delle persone peritose: 
 " La corniola tieni d'occhio
 è una pietra portentosa: 
 se hai una voce da finocchio
 te la rende cavernosa ".
 (Anonimo lapidario spagnolo)

La gemma magica si crede inoltre aiuti a trovare la serenità, stimoli la curiosità, accresca le abilità analitiche della mente, esorti all'azione
Alcuni Nativi Americani se ne servivano per scacciare l'apatia o liberare le persone dal dolore e dall'invidia, mentre nel Medioevo chi la sceglieva come ornamento era protetto dai pensieri impuri, stregoneria, fulmini e nevralgie. 
In Cina si pensava che trasformasse le persone timide e impacciate in eccellenti oratori. Secondo la medicina ayurvedica, la corniola è tra i sette cristalli che emettono vibrazioni benefiche: rafforza il carattere, equilibra le passioni, migliora la qualità e la circolazione del sangue, arresta le emorragie, vince i dolori delle coliche, aiuta gli anemici, l'intestino e la digestione, favorendo in generale il metabolismo.



QUERCIA
E non potevano mancare modi di dire e proverbi sulla quercia (ricordiamo che l'antico nome del tenné, tané, identifica la corteccia della quercia), simbolo di forza, longevità e durezza:

" Essere una vecchia quercia " (si dice di una persona anziana ma in ottima salute, oppure di una persona forte e robusta in generale. Riferito anche a individui di grande saldezza morale o grande forza d'animo, capaci di far fronte alle difficoltà e di sopportare e reagire alle avversità della vita senza lasciarsene abbattere)

Una canna al vento vive, mentre possenti querce cadono " (proverbio cinese)

" Forti querce crescono da piccole ghiande " (proverbio inglese)

" Piccoli colpi hanno abbattuto grandi querce " (proverbio olandese)

" Le querce non fanno limoni " (proverbio italiano, o arance in una versione marchigiana)

" Al primo colpo non cade la quercia! " (proverbio italiano; variante latina/greca:
Multis ictibus deicitur quercus / πολλαῖς πληγαῖς στεῤῥὰ δρῦς δαμάζεται )

La quercia storta si raddrizza con le botte " (detto abruzzese)

" La quercia fa ghianda " (detto marchigiano)

Chi pianta una quercia è nobile d'animo " (detto toscano)

" Aspetta il porco alla quercia " (detto toscano, consiglia l'attesa del momento giusto)



Curiosità: in lingua inglese, viene indicato con il nome tawny owl a causa del suo colore, quello che noi conosciamo come allocco.
Molte sono le credenze popolari legate a questo animale, legate forse al suo aspetto. La testa grossa, il corpo grassoccio, gli occhi tondi, il volo silenzioso e notturno, l'udito finissimo e la capacità di ruotare la testa hanno fatto nascere la leggenda che la loro visione preannunci disgrazie e morte; associati alle streghe, nel Medioevo qualcuno li inchiodava fuori dalla porta di casa per allontanare gli spiriti maligni.
William Shakespeare scrive nel suo Giulio Cesare (Atto 1 Scena 3):
 " E ieri l'uccello della notte si è seduto / Anche a mezzogiorno sulla piazza del mercato / urlando e strillando ".
John Ruskin ne parla dicendo:
 " Qualunque cosa la gente saggia può dire di loro, io alla fine ho sempre trovato il grido del gufo profezia di malizia per me ". 
Nel suo libro Follie di Brooklyn, Paul Auster confessa: 
" Preferisco mille volte un furfante astuto a un pio allocco. Forse il primo non rispetterà le regole del gioco, ma ha lo spirito ".

Inoltre, perché si dice "restare come un allocco" o "essere un allocco?
L'allocco, o tawny owl in inglese
Questo rapace notturno si è guadagnato l'immeritata fama di essere stupido, a causa dell'espressione sciocca assunta dai suoi grandi occhi rotondi, fissi e vacui, specie se abbagliati da una luce diretta. La stessa espressione che assume chi rimane inerte e attonito di fronte a una situazione imprevista.
E infatti, un proverbio emiliano ci confessa che:

Gli allocchi sono cari a tutti i prezzi "

  (I luc i en cär a tüt i prési)

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